Senza Glutine ed etichettatura: inchiesta di Silvio Spicacci Minervini

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Negli ultimi mesi ho spinto l’acceleratore nella comunicazione social su argomenti a me cari da oltre dodici anni: senza glutine ed etichettatura. La qualità del cibo senza glutine e le normative che governano l’etichettatura di questi prodotti sono fondamentali per un consumatore celiaco consapevole. Non ho fatto null’altro che elencare quali sono le normative vigenti in Europa, per quel che riguarda l’etichettatura di prodotti senza glutine, e raccontarle in maniera semplice alle persone che mi seguono sui social. Questa iniziativa ha procurato diversi effetti: da una parte sono stato etichettato come quello fuorviante, che mette idee strane in testa ai celiaci, dall’altra ho scosso le menti a persone che non si fanno ingannare dal fumo gettato nella mischia da chi vuole confondere i celiaci con messaggi lontani da quello che raccontano le normative. Tra le menti pensanti, che affrontano il mondo del senza glutine con intelligenza, ho conosciuto Silvio Spicacci Minervini, una persona dalla mente brillante e aperta al dialogo, ma soprattutto un celiaco con 20 anni di esperienza, vissuta per gran parte in giro per l’Europa. Nel confronto con Silvio, ho rivisto in lui il me stesso del 2011, quello che per sapere come eliminare il glutine dalla birra, investì in prima persona in ricerca. Questo stesso spirito lo ha portato avanti Silvio, il quale ha avuto il coraggio di investire di tasca sua per fare quello che grandi organizzazioni che si occupano di celiachia in Italia non fanno: far analizzare prodotti di largo consumo definiti da alcuni “non permessi” e mostrare pubblicamente i risultati restituiti dal laboratorio di analisi accreditato.

 

L’indagine di Silvio

Partiamo dall’indagine portata avanti da Silvio, partendo da quelle che sono state le motivazioni che lo hanno spinto a fare le analisi ad alcuni prodotti di largo consumo, che riguardano proprio il senza glutine ed etichettatura di questi prodotti.

“Dopo aver cominciato a leggere le etichette dei prodotti e aver verificato che le aziende non fanno altro che seguire fedelmente le normative vigenti” dichiara Silvio “ho deciso che il passo da fare per dimostrare agli scettici che la strada corretta per scegliere cosa mangiare è la lettura dell’etichetta, come avviene in tutta Europa, ho incaricato, a mie spese, un laboratorio accreditato per la ricerca del glutine di otto prodotti scelti a caso che non riportassero allergeni riferiti al glutine in etichetta. Solo in questo modo avrei potuto dimostrare se le normative europee funzionano per davvero.”

Dal dire al fare è stato un attimo!

Questi i prodotti analizzati:

     

      • due prodotti senza claim (presenza di glutine non menzionata negli ingredienti) ma con comunicazione volontaria di possibili tracce di grano e/o altri cereali: Kelloggs barrette alle mandorle e cioccolato (allergene riportato Avena integrale) e le Cipsters classiche rosse multipak;

      • le patatine San Carlo Aromatizzate, con claim senza glutine per verificare l’aderenza alla etichetta rispetto agli ingredienti scritti senza alcuna traccia di glutine anche sotto i 20 ppm derivante da rischi di produzione.

    In tutti questi prodotti il glutine è stato “non rilevato”. Assolutamente zero glutine e tutto ciò dimostra che la norma sugli allergeni è stata rispettata nei prodotti analizzati e che anche gli alimenti senza claim possono essere mangiati leggendo le etichette” afferma Silvio “Sorprendono le barrette Kelloggs e le Cipster con dicitura volontaria che risultano assolutamente idonei e mi torna in mente quando lessi una relazione del nostro Ministero della Salute che afferma che in presenza di questo tipo di diciture le aziende vogliono “evitare sequele legali e non è rispondente alla reale presenza di allergeni alimenti” (Ministero della Salute Allergie alimentari e sicurezza alimentare 2018)”.

    “Questa esperienza è stata veramente emozionate” continua Silvio “ma il messaggio che voglio mandare è che questi risultati non riguardano solo otto prodotti senza claim scelti a caso, ma che riguardano tutti i prodotti in commercio. Vorrei che ci fossero meno prese di posizione, più apertura alla compressione delle etichette. C’è bisogno che le persone abbiano fiducia nella normativa europea e che comincino ad avere fiducia nelle buone pratiche della industria alimentare”.

    Questa di Silvio è una iniziativa lodevole, che viene fuori da un percorso di conoscenza delle normative e di curiosità laica nei confronti del mercato del senza glutine. La comunicazione che governa questo settore è contaminata da dinamiche terroristiche che non aiutano i celiaci a fare scelte consapevoli, ma alimentano timori e sospetti nella scelta dei prodotti, puntando a guardare le aziende produttrici come nemici dei celiaci, cosa assolutamente falsa.

     

    Chi è Silvio Spicacci Minervini?

    Silvio Spicacci Minervini

    Nato a Napoli e attualmente residente a Roma, Silvio Spicacci Minervini è laureato in economia aziendale e possiede una seconda laurea in psicologia. La sua vita professionale lo ha portato a vissuti esperienze lavorative in varie nazioni, tra cui Irlanda, Spagna e Stati Uniti. La diagnosi di celiachia è arrivata oltre 20 anni fa, a Roma.

    L’adattamento alla dieta senza glutine è stato un percorso tortuoso. Le prime fasi sono state estremamente difficili, con un’enorme ansia legata al timore di contaminazione nei ristoranti. Questo comportava spesso il rifiuto di piatti percepiti come potenzialmente contaminati, sebbene, a posteriori, queste reazioni possano essere sembrate eccessive.

    Silvio ha sperimentato difficoltà nell’aderire strettamente alla dieta prescritta. Ha iniziato a preferire alimenti naturalmente senza glutine, optando per la preparazione del pane in casa tramite una macchina specifica. Il miglioramento dei dati clinici è giunto dopo due anni, con una graduale aderenza più rigorosa alla dieta celiaca.

    Durante i suoi soggiorni all’estero, Silvio ha interagito con associazioni locali per celiaci. Ha notato che le informazioni fornite a questi ultimi in altri paesi europei differivano sensibilmente da quelle in Italia. Le associazioni locali straniere fornivano informazioni più rassicuranti sulle scelte alimentari, spiegando subito la distinzione tra prodotti: quelli con il claim “senza glutine”, quelli con la spiga sbarrata e tutti gli altri, suggerendo di leggere attentamente le etichette.

    Particolarmente interessanti sono state le differenze nell’approccio alla contaminazione riscontrate in Irlanda e in Inghilterra. Qui, le associazioni sottolineano che la contaminazione può avvenire involontariamente e, in caso, raccomandano un consulto medico. La Norvegia, invece, indica chiaramente che gli additivi contrassegnati con la lettera E nei prodotti sono senza glutine.

    Al ritorno in Italia, Silvio ha osservato lotte di opinioni tra varie fazioni riguardo alla sicurezza alimentare per i celiaci. L’assenza di claim viene spesso interpretata come un segno di non idoneità e pericolo, limitando le scelte alimentari a prodotti con claim “senza glutine” o spiga sbarrata.

    Per sfatare queste convinzioni, Silvio ha contattato diverse aziende per verificare la presenza di glutine in vari prodotti senza claim. È emerso che molti di questi prodotti erano effettivamente senza glutine, ma sceglievano di non includere il claim per ragioni commerciali, mirando a una maggiore inclusività nella dieta generale.

    Silvio riflette sulla necessità di un dialogo più informato e basato su evidenze concrete. Crede nell’equilibrio tra sicurezza alimentare e inclusività nella dieta quotidiana, senza demonizzare i prodotti senza claim.

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    Una risposta

    1. É un articolo molto interessate…c’è un terrorismo psicologico…ore a cercare la scritta su alimenti che non riportavano frumento da nessuna parte…ma mi chiedo perché farlo?

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